“Venzia, un pesce fuor d’acqua?” di Marillina Fortuna
“VENEZIA, UN PESCE FUOR D’ACQUA?”
Una Venezia rappresentata: riconoscibile, eppure fantastica (un pesce, forse un arlecchino che danza in laguna). Libera: come solo un pesce o un arlecchino… O magari in procinto di ‘farsi pescare’ o di ‘costituirsi…’
Parlare di mare a Venezia, raccontare il ‘mio’ mare (fatto di stupore ogni volta e ogni volta di raccolta di rifiuti da assemblare), a Venezia. Venezia che ospita questa mostra! Parlarne con la consapevolezza di essere vicina all’errore, nel semplificare questa città attraverso l’uso della metafora: delle parole che traducono le emozioni che genera. Ma c’è anche la tentazione di renderne omaggio in qualità di “ispiratrice” , “condensatrice” di concetti a me cari. Venezia come sintesi di un viaggio attraverso il Mediterraneo che sembra trovare in questo luogo un inizio ma anche un arrivo. Iniziazione, approdo o semplicemente luogo simbolico ‘di e per’ eccellenza?
Venezia mi appare come la manifestazione della meraviglia del fare dell’uomo. Venezia è un insieme d’isole che formano un’ isola unica, ancorata al fango della laguna grazie ai tronchi pietrificati che ne costituiscono le fondamenta. Compatta e dispersiva: quasi una città fortificata eppure tanto fragile. Venezia è probabilmente la città più ‘visitata’ al mondo: eppure così segreta, sconosciuta, misteriosa. Dice Tiziano Scarpa nel suo libro – Venezia è un pesce – che ha ispirato il titolo dell’opera e della mostra: “Smarrirsi è l’unico posto dove vale la pena di andare.” Potrebbe non esserci nulla da aggiungere…
Ma Venezia mi appare, chiaramente -questo va detto in mezzo ad un ‘mare’ di dubbi-, come la metafora della vita: nella sua unicità, nella sua ricerca, nelle sue contraddizioni. Come il suo essere “donna”. Donna e non “femmina”, come un’altra meravigliosa città del Mediterraneo…
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